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Stazione Pietrarsa: progetto e realtà

Stazione Pietrarsa: progetto e realtà

Secondo week end di convegni. Dopo il Festival dell’ottimismo de Il Foglio, la Conferenza Programmatica del PD.
In tempi difficili, per gli ottimisti e per i democratici. Il Museo Ferroviario di Pietrarsa non è il salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio ma c’è il mare.
Location dell’epoca industriale recuperate (Stazione Pietrarsa) per discutere di progetti sono il segno di una modernità che non cancella ma ricolloca il passato dell’industria e del lavoro;
Barriere: trasporti difficili, WiFi spesso impossibili, amplificazione e collocazioni effimere delle “piazze”, cioè gruppi di lavoro. Certamente è stato fatto uno sforzo enorme. Tuttavia l’attenzione a “procedure abilitanti” andrebbe rafforzata in tempi così complessi per il discorso pubblico. L’incontro è interazione, deve essere accessibile e fruttuosa (a Firenze l’incontro Dem s’è dato obiettivi e cose da elaborare). Altrimenti tutto diventa performance e palcoscenici e torna unilaterale, broadcasted;
Levelling field: c’era un documento (?) per i più diligenti, e degli ottimi interventi nei gruppi (che non venivano però aperti in streaming), la riunione plenaria aveva invece un effetto tradizionale e un tono un po’ reiterativo del dibattito congressuale e un po’ di “risposta” alla cronaca politica;
Opportunità: si è fatto un vasto lavoro di networking (utilissimo) soprattutto “tra” gli impegnati in politica, giovani esponenti locali  che hanno incontrato e, parzialmente, interagito con dirigenti ed eletti. Comunque una buona esperienza;
I lobbisti: ormai i rappresentanti di interessi vengono invitati alle (poche) occasioni di partito e non si nascondono, evitano almeno di parlare di se stessi, raggiungono o mettono in contatto con i decision makers. Un dialogo trasparente, costante ed utile senza l’incubo di equivoci. Serve molto a chi fa lobbying capire le idee pubbliche, l’umore profondo di quella merce rara che sono gli impegnati in politica d’Italia;
Pensiero & Politica. Nonostante la “stanchezza di formato”, nelle ore che ho trascorso, sono molte di più le cose che ho apprezzato.
Nella “Piazza” dedicata a Cultura e Comunicazione, ho assistito ad un tris di “relazioni frontali”: Massimo Adinolfi (filosofo della comunicazione,) sull’importanza della cultura alta diffusa, Andrea Vilani (direttore del Madre) sul rapporto tra politica, mercato e futuro dell’arte contemporanea, ed un efficacissimo Luigi Berlinguer sulla necessità di una rivoluzione scolastica. Una cosa li accomunava: la ricerca ed il bisogno di una fondazione teorica nuova, non solo in un settore o in un comparto, ma per i democratici nel loro complesso.
L’abbandono tempestivo ed opportuno del passato impraticabile e le necessari politiche, non bastano e non si bastano, senza avviare una base teorica forte per la novità del Partito Democratico.
Un po’ quell’esigenza che Jurgen Habermas ha richiamato, rivolgendosi non solo alla Merkel, ma  a tutta la classe dirigente europea.
Massimo Micucci