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Gli indicatori del Bes come strumenti di better regulation

Gli indicatori del Bes come strumenti di better regulation

Giusi Gallotto

La Rivista Italiana di Public Management  – Studi e ricerche per Innovare la Pubblica Amministrazione (RIPM) si pone l’obiettivo di “diffondere nelle istituzioni pubbliche una cultura spiccatamente orientata all’innovazione”. Viviamo in un contesto profondamente cambiato. I professionisti delle istituzioni pubbliche rappresentano oggi gli unici interlocutori duraturi e stabili nella dialettica con gli interessi privati. E si trovano ad operare in uno scenario che nel tempo si è evoluto. I criteri, così come le strategie, sono ormai integrazione tra multidisciplinarietà e superamento del tradizionale approccio giuridico-formale. La Rivista dà spazio a riflessioni che tendono ad innovare processi consolidati, di fatto però superati. E ad individuare nuovi percorsi.

Il secondo numero della Rivista dedica un interessante focus agli strumenti di better regulation, tema molto rilevante per chi svolge l’attività di rappresentanza di interessi. Gli autori si interrogano su nuovi criteri da utilizzare nell’analisi, sottolineando come in Italia ci sia un ritardo e una resistenza culturale nel ricorso all’AIR e VIR. L’attività di consultazione ex ante dovrebbe servire a vagliare le conseguenze, a misurare costi-benefici, a definire le possibili soluzioni. L’accesso alle fonti e al dibattito, quando si sta preparando un provvedimento,  rappresenta un valore aggiunto per i decisori e contribuisce a far funzionare meglio la democrazia.

La qualità della regolamentazione, come si afferma nel paper, ha un impatto diretto sulla crescita economica di un Paese. I costi di un quadro confuso, ipertrofico, incerto vengono sostenuti da cittadini e imprese.

In Italia una riflessione sulla better regulation e sugli strumenti di analisi e verifica si concretizza alla fine degli anni ’90 con una serie di provvedimenti, fino al 2017 quando viene approvato un nuovo Regolamento sull’AIR, la VIR e la consultazione, seguito da una direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri. La guida definisce gli ambiti di applicazione dell’AIR e VIR e ne individua gli obiettivi. Testualmente l’intento dell’AIR “è quello di arricchire il processo decisionale offrendo gli elementi conoscitivi necessari ad assicurare una scelta non solo efficace (cioè in linea con gli obiettivi dell’intervento), ma anche assunta in modo sufficientemente informato sotto il profilo dei possibili effetti sui destinatari e delle condizioni necessarie per una sua reale attuazione”.  La valutazione può essere fatta ricorrendo sia a metodologie qualitative sia quantitative. La guida rende obbligatorio il ricorso ad una tra le prime. I criteri quantitativi, invece, “devono aggiungersi, ogni volta che ciò sia possibile”. Chi svolge il lavoro di lobbying sa che gli interessi privati “chiedono” servizi misurabili. Oggi l’impatto quantitativo di una norma è elemento dirimente. Pertanto, gli indicatori statistici, come sottolineato dagli autori, sono fondamentali per delineare e valutare le politiche e le scelte di policy. In particolare, alcuni indici del Bes (Benessere equo e sostenibile) potrebbero e dovrebbero essere utilizzati nel processo di decision making e nella stesura di AIR e VIR. Il focus descrive il percorso che ha portato alla definizione di dodici “domini” del benessere e relativi 134 indicatori. La riflessione si è sviluppata in tre fasi: analisi per definire su quali dimensioni si articola il progresso; scelta degli indicatori più adeguati per ogni dimensione; predisposizione da parte dell’Istat e del Cnel del primo rapporto periodico sul progresso economico e sociale del Paese (Bes 2013), con successivi monitoraggi annuali.

La necessità di tale misurazione è stata, poi, recepita  come opportunità anche dalla politica internazionale e nazionale.

Ad esempio, come citano gli autori, un primo passo importante è stato l’introduzione dell’ordinamento nazionale degli indicatori di benessere tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale. Con la riforma sono stati introdotti due nuovi commi che “prevedono, rispettivamente, la redazione da parte del Ministro dell’economia e delle finanze sulla base dei dati forniti dall’Istat, di due documenti:

  • un apposito allegato al DEF che riporti l’andamento, nell’ultimo triennio, degli indicatori individuati, nonché le previsioni sull’evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento;
  • una relazione, da presentare alle Camere per la trasmissione alle Competenti commissioni parlamentari, entro il 15 febbraio di ciascun anno, sull’evoluzione dell’andamento degli indicatori del Bes, sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso”.

È in atto una lenta e progressiva rivoluzione in tal senso. Sicuramente un ricorso più strutturato e regolare all’AIR e VIR, tenendo conto anche degli indicatori quantitativi come il Bes, sarebbe un passo importante e decisivo per una regolamentazione efficace e di qualità, a tutela di cittadini e interessi privati. Sarebbe auspicabile, come suggeriscono gli autori, modificare il nuovo Regolamento, prevedendone l’uso obbligatorio “almeno laddove esistano indicatori appropriati al tipo di impatto che si vuole valutare”. Come ha affermato il Consiglio di Stato “una rinnovata attenzione alle qualità della regolamentazione e all’uso dei suoi strumenti, un rilancio del tema che parta dal nuovo regolamento ma che prosegua nel tempo, con un’effettiva attuazione pratica e un cambiamento culturale, potrebbero comportare benefici sorprendenti per il nostro sistema normativo e, soprattutto, per i suoi destinatari e l’intero sistema paese”.

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